Di Paolo Caselli
Premesso che non ci intendiamo di ippica, di cavalli in genere, ma che amiamo lo sport, quello di tradizione in particolare, guardiamo di inquadrare la più antica corsa di cavalli italiana, la “Corsa dell’Arno” che si svolge proprio alle Cascine di Firenze.
All’inizio dell’Ottocento Firenze, capitale del Granducato di Toscana, guidato con mano illuminata dai Lorena, conosceva un periodo di grande prosperità, punto nevralgico per lo sviluppo, grazie a innovazioni e scoperte mirate al miglioramento dell’economia, legata ancora sensibilmente all’agricoltura certo, ma con sguardo verso un minimo di industria e sfruttamento sempre maggiore di risorse naturali.
Nuove istanze culturali, favorite da un blando controllo della censura granducale, aprivano la strada al diffondersi di concezioni illuministiche e tiepidamente rivoluzionare.
Molte fra le più nobili e facoltose famiglie d’Europa, russe, la famiglia Demidoff, polacche, la famiglia Poniatoski, francesi, il regno d’Etruria aveva lasciato tracce urbanistiche, culturali e politiche, e britanniche, gli anglo-beceri, amanti dell’arte, del territorio di Firenze, avendone fortemente subito il suo particolare fascino, risiedevano stabilmente nella città del giglio.
Nel Prato del Quercione, all’interno del Parco delle Cascine, già antica riserva di caccia dei Medici, fin dal 1814 i rampolli delle facoltose e potenti famiglie si dilettavano in corse di cavalli, montando personalmente i purosangue di selezione pregiata, che alloggiavano in scuderia insieme ai cavalli comuni, destinati questi ultimi al trasporto delle carrozze.
Da una sfida scherzosa si originò l’idea di creare quella che si sarebbe poi rivelata la più antica corsa d’Italia e che nel 1827 fu denominata “Premio dell’Arno”, mentre solo successivamente essa prese il nome attuale di Corsa dell’Arno. L’anno successivo fu istituita la Tazza d’Oro, seguita nel 1829 dalla formulazione della prima corsa ad handicap d’Italia.
La dotazione economica che supportava la Corsa dell’Arno raggiungeva l’inconsueta e strepitosa cifra di 170 zecchini d’oro, di cui 120 spettavano al vincitore e 50 al secondo arrivato. Un ammontare adeguato all’alto lignaggio dei primi organizzatori stranieri, che rispondevano al nome altisonante di alcune fra le più rinomate casate, citate sopra quali i Demidoff, Poniatowski, Astley, Baring, Hawley, Normamby, De Puilly, Thellusson
In un secondo tempo alcuni gentiluomini locali aderirono con passione alle nuove iniziative ippiche e fra di essi si distinsero i Fazio, Gasperini, Lucchesini e Pucci.
Le 191 edizioni della “Corsa dell’Arno” hanno attraversato le diverse fasi della storia italiana, distribuite su tre secoli, dalle guerre d’indipendenza risorgimentali, all’Unità d’Italia, il nome di Palazzina Reale resta quale lacerto in rovina all’Ippodromo in ricordo di Firenze Capitale dal 1865 al 1871, alle due guerre mondiali, la seconda soprattutto che profonde ferite ha inferto alla città, per passare alla devastante alluvione del 1966, che sepellì implacabilmente sotto il fango ed i detriti i due ippodromi fiorentini, Visarno e Le Mulina. Questa corsa al galoppo, che orgogliosamente contiene nel proprio albo d’oro il marchio prestigioso delle più importanti scuderie del Turf Nazionale e che ha concretamente contribuito alla nascita ed allo sviluppo dell’ippica nel nostro paese, da circa 40 anni viene disputata il 25 Aprile di ogni anno, mantenendo un notevole richiamo sui fiorentini che, in quell’occasione, affluiscono a migliaia all’ippodromo del Visarno.
Dal 2001 al 2003 si sono registrati i record di presenze,il pubblico infatti è oscillato dalle undicimila alle tredicimila unità, non pochi, in un momento di estrema crisi del mondo dell’ippica.