Il numero 8 del mondo Matteo Berrettini ormai da molte settimane è bloccato in Florida a Boca Raton a casa della fidanzata Ajla Tomljanovic.
In Florida le restrizioni sono meno severe e i due tennisti si stanno tenendo in allenamento, sia dal punto di vista tecnico che atletico, per quanto possibile. “Sono più fortunato rispetto a voi, perché qui a Boca Raton riesco ad allenarmi”, ha spiegato Berrettini a La Stampa. “In giardino abbiamo pesi e bilancieri, ci siamo costruiti una palestra artigianale. Per giocare andiamo in una casa privata dove non abita nessuno, isolata e perfetta per questo periodo. Il pericolo è ripetere le stesse cose tutti i giorni”.
Il ritorno sui campi, però, è ancora molto lontano, e Matteo è giustamente pessimista. “Per me sarà lunga, quindi bisogna gestirsi bene. Il tennis è uno sport facile perché non c’è contatto, ma ti obbliga a viaggiare, e questo lo rende problematico”, ha sottolineato. “E non si può neanche dire: tu vieni da una nazione e puoi giocare, tu da un’altra e non puoi. Occorre aspettare che la situazione si stabilizzi prima di capire se, quando e come si giocherà”.
La soluzione, almeno inizialmente, potrebbe essere giocare a porte chiuse. Non il massimo di certo in termini di atmosfera per i tennisti. Ma comunque un modo per riprendere l’attività. “Sia per noi sia per gli spettatori sarebbe importante avere qualcosa da guardare. Una passione da coltivare, nel limite delle regole, in un periodo così difficile”, ha detto il semifinalista degli US Open 2019. “Il bello del tennis è avere il pubblico, sul campo e in TV, ma se in campo potranno starci solo in due, pazienza, bisognerà accontentarsi”.
Se e quando si ricomincerà, l’obiettivo sarà cercare di salvare i tornei più importanti, come del resto ha illustrato Andrea Gaudenzi. Ma lui a quale torneo non vorrebbe proprio rinunciare? “Roma”, e di quale altro torneo poteva trattarsi se non dell’evento di casa?
Berrettini è anche molto realista e apre alla possibilità di organizzare tornei locali invece che tentare di salvare una stagione già compromessa. Una soluzione che l’ATP ha ammesso di aver valutato e temporaneamente scartato, per non declassare uno sport così globale, ma che potrebbe a un certo punto rimanere l’unica opzione per tornare in campo quest’anno. “Giocare anche gli US Open e Parigi sarebbe bello, ma non so se avrebbe senso salvare uno o due tornei. Meglio inventarsi dei tornei “regionali” e ripartire l’anno prossimo”. Binaghi però è determinato a far disputare gli Internazionali d’Italia in un possibile ultimo scampolo di 2019. Anche a costo di spostarli a Torino, sede delle ATP Finals dal 2021. “Su due piedi: più riusciamo a giocare, meglio è. Giocare a Milano o Torino non sarebbe il finimondo, e farebbe bene anche all’economia”, ha affermato con consapevolezza Berrettini.
Spesso si parla solo dei tornei più grandi e prestigiosi. E quelli più piccoli? Rischiano di non giocarsi o addirittura di scomparire, mettendo in difficoltà finanziaria e professionale i tennisti con un ranking più basso. “I tornei minori soffriranno di più e sarà difficile emergere. I tre big hanno già dimostrato di saper tornare più forti di prima dopo lunghi infortuni. Per noi giovani sarà una bella sfida. Tutti avranno voglia di giocare, mi aspetto una ripartenza molto competitiva”, ha dichiarato Matteo a proposito degli scenari che caratterizzeranno la ripartenza.
Questa emergenza ha “costretto” lui e Tomljanovic, che stanno assieme da meno di un anno, a una convivenza forzata. E tutto sembra procedere per il meglio, nonostante qualche inevitabile piccola divergenza. “È tosta. Scherzo… Di solito ai tornei ci vedevamo per cena, adesso sono 24 ore al giorno, abbiamo bisogno dei nostri spazi”, ha confessato Matteo. “Ci stanno anche le litigate: servono per conoscersi meglio. Lo diceva anche Freud, no? Se due persone la pensano sempre nello stesso modo, vuol dire che c’è uno che pensa per tutti e due”. D’altronde si dice che l’amore non è bello se non è litigarello. Anche se, nel rispetto degli stereotipi, la cucina è l’indiscusso regno di Matteo. “Io, da buon italiano, sono addetto ai fornelli. Mi vengono bene i tonnarelli cacio e pepe. Meglio: diciamo che sono graditi”. Il servizio è di primo ordine anche in cucina insomma.