Queste le dichiarazione del Capo allenatore della squadra nazionale di rugby, Franco Smith, sulla piattaforma della FIR, ringraziando il responsabile media manager della Federazione, Andrea Cimbrico.
“Il rugby di elite, a livello di nazionali, si divide fondamentalmente, in quattro: Emisfero Nord, Emisfero Sud, Test Match e Coppa del Mondo.
Questi quattro tornei non sono, e non possono essere, come i campionati nazionali dei club che si giocano tutto l’anno.
Nel 1995 l’emisfero sud inaugurata con il Super rugby, un torneo che stava a rimarcare la rivalità tra le potenze della palla ovale del Pacifico, Australia, Nuova Zelanda e l’intrusa Sud Africa con quelle del nord Europa, che poi sono le nazionali delle isole britanniche e la Francia.
Le condizioni climatiche a sud agevolano lo svolgimento dei Tornei, in Sud Africa e Australia, clima più secco, giocando in altura, Città del Capo, Bloemfontein, si elimina l’umidità; per quanto figura la Nuova Zelanda il cimentarsi contro altre avversarie risolveva il problema del proprio auto isolamento.
Il gioco che si è andato via via sviluppando, privilegia le azioni alla mano, lo spettacolo, il tutto finalizzato a far divertire il pubblico.
A nord, considerata anche la storia e la tradizione, il rugby é diverso, soprattutto condizionato dalle condizioni climatiche sfavorevoli, inverno lungo, campi pesanti, pioggia diffusa, ne deriva un gioco difensivo, con la mischia decisiva e molto gioco al piede.
Lo stesso metodo arbitrale privilegia, al sud, il gioco con palla in mano, veloce uscita dalle maul, un giocare ludico, frutto di fantasia, quasi da iniziative studentesche.
Al sud, si sviluppa uno “skill” maggiore sin dalle giovanili.
Subendo questo gioco arioso, veloce, con manualità assoluta, le grandi nazionali del Nord, a fronte anche di un albo d’oro mondiale, che vede soltanto l’Inghilterra, nel 2003, interrompere lo strapotere del rugby australe, hanno cominciato a pensare di alzare il loro livello di gioco, potenziando si, le loro peculiarità, “drive” forti, mischia fisica, ma anche cercando di migliorare l'”handling”, il gioco alla mano, addirittura, chiudendo il tetto dello stadio, come a Cardiff, per far fronte alle avverse condizioni meteo.
I molti calendari pieni di impegni hanno favorito le nazionali dell’emisfero nord, rispetto a quelle australi, ma, voglio sottolineare, come anche giocare di sera invece che con la luce naturale, faccia si che il gioco cambi.
Per avere nazionali competitive nelle partite dei Test Match, bisogna dare libertà ai giocatori di provare schemi, passaggi, calci il più insieme possibile, nelle loro squadre di club, più giocate insieme, più confidenza, più amalgama per migliorare il proprio rugby.
Stagioni agonistiche dei club di quattro, sei mesi per poi a fine anno offrire un buon gioco durante i Test Match.
Al Nord si sceglie di giocare a rugby, si va in un club per migliorare, fin dalle giovanili.
Nell’emisfero sud, tante partite dai sette anni, tra scuole, province, dai tredici, quattordici anni si formano in accademia e si sviluppa un gioco.
I migliori vengono scelti dalle sei franchigie sudafricane.
In Sud Africa i ragazzi giocano scalzi fino ai tredici anni, per potenziare lo sviluppo atletico e di velocità, poi dai quattordici anni, indossano le scarpe da gioco.
La selezione non è data principalmente dalla struttura fisica, ma dalla meritocrazia del gioco.
Il progetto giovani, che tanto successo sta avendo in Francia con la nuova nazionale, in Italia, dopo la coppa del mondo in Giappone, è partito cercando il giusto mix tra esperienza e nuovi, per cercare una base, ma anche per avere una trasmissione di gioco, per esprimerlo al meglio in vista dei mondiali in Francia del 2023, scopo anche di creare un dna, una nostra identità.
Bisogna alzare la nostra etica del lavoro, cercando una maggiore fisicità sia in attacco che in difesa, il nostro maggior miglioramento deve avvenire nell’imprevedibilita, caratteristica peraltro italiana, questo deve iniziare sin dall’attività giovanile.
Riassumendo tre punti fermi: 1) Imprevedibilità, 2) Fisicità nelle due fasi, 3) Competenza in decision making.
Le difficoltà che i nostri giocatori trovano nel salto di qualità, buoni risultati delle giovanili, pessimi quelli della maggiore, son dovuti principalmente alle difficoltà nelle scelte difficili in spazi temporali più brevi, pressione, poco tempo, minor spazio per fare buone scelte di fronte ad avversari di caratura superiore, per questo una delle principali missioni del nostro percorso è proprio quella di aumentare i giri dei nostri rugbysti, la confidenza, dalla Under 20, alla nazionale A.
Purtroppo questa pandemia non ci potrà permettere di valutare la nostra Under 20, squadra ben preparata, ai mondiali che erano in programma proprio in Italia.
Bisogna tornare a monitorare tutto il movimento, dai più giochi, e anche, perché no, dal TOP 12.
In questi giorni di isolamento, anche dal Sud Africa, mi tengo in contatto con i giocatori del gruppo azzurro, con i miei collaboratori, con i quali ho stilato un programma di allenamento, sperando quanto prima di tornare alla palestra, al campo, il tutto in piena sintonia con allenatori e preparatori atletici delle due franchigie, Zebre e Benetton,”