Nel mondo del rugby, sport di tradizione per eccellenza, cambiano i tempi, si adeguano le regole, cambiano i punteggi tra bonus vittorie, mete segnate, mete subite, ma il Sei Nazioni resta.
La favorita di questa 17a edizione, da quando cioè anche l’Italia è stata ammessa al gran ballo della palla ovale europea, è l’Inghilterra, a caccia di un possibile secondo grande slam consecutivo. Per farla breve, la vittoria in tutte e 5 le partite.
Il XV della rosa rossa dei Lancaster proviene addirittura da 13 vittorie consecutive con in panchina Eddie Jones, ultima con l’Australia a Twickenham ed è proprio nel tempio londinese che debutterà oggi alle 18,00.
Tempo dunque di Sei Nazioni, torneo che profuma di storia, di pioggia, di fango e di sudore e sei appunto sono le nazioni che lo compongono.
La Scozia, dove il suono della cornamusa nel suo inno, Flowers of Scotland, accarezza i grigi laghi delle Highlands riscalda Murrayfield, altra cattedrale laica che insieme al Castello ed al monumento a Walter Scott domina il panorama di Edimburgo.
Il Galles, terra di minatori, miniere e sacrificio, dove “Land of my fathers” più che un inno è una preghiera, un rosario di ricordi e fuoriclasse.
La Francia, capitale del rugby-business, infatti il campionato transalpino è il più ricco d’Europa e nel suo campionato abbondano ex stelle dell’emisfero sud, il neozelandese Carter ed il sudafricano Habana solo per citarne due, dove però la tradizione, a fianco delle corrazzate Stade Francais e Tolone è assicurata anche dalle picccole realtà arroccate sui Pirenei: Pau e Brive.
L’Irlanda, dai due inni, dove solo il rugby, peraltro osteggiato dai puristi dell’isola verde come sport non gaelico ma imposto dall’invasore inglese, unisce le contee dell’Eire a sud con l’Ulster a nord.
Quindi The Soldier’s Song, inno della repubblica suonato solo a Dublino e Ireland’s Call, nato nel 1995 proprio per il rugby.
E poi l’Italia, che debutterà domani all’olimpico contro il Galles, la bruttina ultima invitata al gran ballo, ma orgogliosa di esserci, che presenta il nuovo condottiero, l’irlandese Conor O’Shea, reduce dal paradiso di Firenze con il Sudafrica e subito dopo cacciata nell’inferno della sconfitta di Padova contro Tonga.
Suoni, colori, profumi antichi nello sport che più di tutti ha il sapore della strategia, del sacrificio, della battaglia.
Chissà che un giorno un ragazzo dei Medicei Firenze non possa indossare l’azzurro in questa scenografia antica che trascende la storia per entrare diritta nella Leggenda!