Il verdetto dopo la visita all’ospedale di Genoble è stato tremendo per Vincenzo Nibali, caduto a pochi chilometri dal traguardo posto sulla vetta dell’Alpe D’Huez (dove trionfarono anche Pantani e Bugno) al Tour de France: frattura della decima vertebra. Ritiro dalla corsa, addio sogni di podio o di maglia gialla. Ma rammarico doppio. Già perché il messinese aveva dimostrato di stare bene, sempre coi primi, stava per sferrare l’attacco decisivo e aveva dimostrato di “averne”. Dopo la caduta, rialzatosi, anche con l’aiuto di uno spettatore certo generoso ma anche maldestro (che l’ha tirato su di peso!), è risalito in bici e ha anche rimontato i corridori davanti, tanto da essere arrivato a soli 13 secondi da loro. Ha concluso la tappa e, in un Tour che sta diventando una corsa a eliminazione (ieri è “saltato” tra gli altri anche Valverde, in estrema difficoltà anche Quintana), si trovava quarto in classifica generale a una quarantina di secondi dal podio (Doumoulin) e non lontano dalla coppia di testa Sky, Thomas-Froome, che ora si avvia a dominare la corsa, salvo sorprese.
Quello che fa male è che la caduta è imputabile per lo più a carenze organizzative. Sulla salita c’era grande confusione di folla. Due moto della Gendarmeria francese peraltro erano li nei pressi dei corridori a cercare di proteggerli ma ostacolandoli di fatto e rallentandoli, tanto che in un primo momento si era quasi certi che Nibali fosse stato buttato a terra da una di loro. Invece in un video spuntato nella notte, perché la regia francese non è riuscita (o si è ben guardata?) a trovare immagini chiare della caduta, si vede che il manubrio di Nibali viene agganciato dalla cinghia di una macchina fotografica di uno spettatore. Torsione quindi improvvisa e caduta “di botto”, senza poter minimamente reagire, con impatto brusco della schiena sull’asfalto. Il siciliano peraltro, dopo la tappa, si era concesso anche a delle interviste, visibilmente sofferente, spiegando di non aver capito come era caduto e lamentando comunque difficoltà a stare in piedi e a respirare. Per questo poi la corsa all’ospedale, dove gli esami radiografici hanno emesso il tremendo verdetto.
Ora il siciliano, fatti due conti, rischia di perdere anche il Mondiale in Austria che pareva disegnato proprio per lui e per pochi altri. La gara iridata è tra circa due mesi e mezzo. Se calcoliamo un mesetto circa (almeno) di immobilità pressoché totale per il campione italiano, resta solo un mese e mezzo (sempre a essere ottimisti) per la riabilitazione e per ritrovare la forma. Troppo poco per il ciclismo moderno, dove gli avversari non si fermano e restano ad altissimi livelli.
E qui va detto che si torna a ripensare all’organizzazione del Tour, questa grande corsa che si considera la prima corsa a tappe del mondo, e che è caduta ancora una volta in un incidente che come minimo nel lede l’immagine. Non è la prima volta che succede. Abbiamo in mente l’immagine di Froome in maglia gialla due anni fa che tamponò una moto dell’organizzazione. Poi a lui furono anche restituiti i secondi persi (cosa che a Nibali, era stato già deciso, non sarebbero stati resi…). Ora, è vero che i primi ad essere indisciplinati (e spesso fuori di testa) sono gli spettatori che si assiepano sulle salite, spesso con comportamenti sguaiati e oltremodo pittoreschi. Ma è anche vero che al Giro d’Italia e anche alla Vuelta di Spagna l’organizzazione, oltre a transennare, provvede a disseminare la strada di “volontari”, di autentiche guardie del corpo, di addetti alla sicurezza, che, non di frequente, con le buone o con le cattive, spostano letteralmente gli spettatori più “caldi” dalle vicinanze dei corridori. Ieri non si è visto niente di tutto questo. E se è vero che in una volata di un Giro d’Italia Daniele Colli fu centrato dalla macchina fotografica di uno spettatore e si ruppe il braccio oltre a causare una caduta collettiva, è anche vero che poi dall’anno dopo lungo i traguardi degli arrivi di tappa al Giro le transenne sono state messe più alte. In Francia si continua con gli stessi scenari da anni. L’Italia perde così il corridore più rappresentativo per la corsa stessa ma, come detto, anche in previsione Mondiale. Una stagione di sacrifici buttata. Una carriera stessa che potrebbe aver preso una piega diversa da quelle che erano le potenzialità del corridore. L’ennesimo colpo per gli appassionati di ciclismo.