14 Aprile 2012, a Pescara è in programma la sfida contro il Livorno, la 14esima di ritorno di un campionato di Serie B qualunque. In campo con la sua maglia numero 25 sponda labronica c’è Piermario Morosini.
E’ il minuto 31, ed il centrocampista sulla fascia sinistra cade a terra, prova a rialzarsi ma non ci riuscirà. Tante le fasi concitate, la paura ed un ambulanza che tarda ad arrivare sul terreno di gioco perché un’auto dei Vigili Urbani blocca l’accesso al campo. Saranno invani i soccorsi disperati di medici e volontari.
Piermario rimarrà sempre nei cuori di Livorno, Udinese ed Atalanta che insieme anche alle parentesi con Bologna, Vicenza, Reggina e Padova hanno segnato la carriera del centrocampista. Morosini però è diventato un simbolo di tutta la nostra Nazione perché la sua storia è toccante:
A 15 rimane orfano, e nel 2004 il fratello disabile si suicida. Piermario rimarrà solo con la sorella anch’essa disabile. Gioca al calcio per pagarle le cure ed una malattia cardiaca ereditaria lo porterà comunque via, anche se qui sulla terra aveva molto da fare.
Da quel giorno in ogni impianto sportivo è presente di legge un DAE, ossia il defibrillatore semiautomatico per tentare almeno di salvare la vita a chi dovesse avere un malore.
Immaginiamo Piermario in cielo a giocare insieme alla Chapecoense, agli eroi del grande Torino caduti a Superga, a Davide Astori, Puerta, Foye, Borgonovo, Alessio e Riccardo giocatori delle giovanili della Juventus scomparsi tragicamente a Vinovo. Ed a fare il tifo i 39 dell Heysel ed i 96 di Sheffield. Queste anime non verranno mai dimenticate.