Il superamento della quota abbonati – più di 18.000 – rispetto all’anno scorso quando le tessere furono 17.235, dimostra un moderato aumento di fiducia da parte dei tifosi viola nei confronti della Società ma non certo un entusiastico consenso.
Su tutti, gli acquisti in prestito di Pjaca e Gerson evidenziano come anche in questa sessione di mercato si sia ragionato, ‘in Fiorentina’, in termini di breve durata ovvero per l’arco di una stagione piuttosto che per un ciclo più lungo.
Del resto la fabbrica della plusvalenza produce stabilità societaria ma induce all’abbandono il tifoso divenuto cliente al quale, in quanto tale, interessa più lo spettacolo rispetto all’appartenenza di per sé ai colori viola. Se una volta, risalendo alla fine degli anni settanta, l’acquisto di Zagano conduceva all’amara ironia o al sarcastico affetto di chi però si disinteressava bellamente degli altrui acquisti di rilievo, adesso, i ragazzini di oggi, giocano alle partite della Playstation forti di una conoscenza enciclopedica che li rende bramosi dei migliori calciatori, pronti ad assistere alla televisione a pagamento alle prestazioni di Ronaldo e compagnia di minor talento ma di nome, tanto che oramai le classi scolastiche stanno progressivamente perdendo il monocolore viola a favore di strisciate loro sì vincenti.
La sola reale via d’uscita, dunque, per un risveglio realmente gigliato delle nuove generazioni, ci sembra restituire al popolo viola la capacità, oltre che la voglia, di sognare. Sognare in grande, sicuramente qualcosa in più del settimo posto valido per l’accesso ai preliminari di Europa League. Un aspetto su cui la proprietà, da qualche anno molto attenta ai simboli e alle tradizioni e perciò meritoria nel tenere vivo il legame col passato, deve per forza riflettere e agire di conseguenza affinché il calcio a Firenze non langua o, citando illustri parole, anonimamente “vivacchi”.