Ci vuole un’amnesia. Uno shock che cancelli la memoria. Un erase nella Ram dei giocatori viola. Sousa deve essere capace di provocarla senza farsene accorgere. Ricorra pure al neuralizzatore dei “men in black”. E’ in questi casi che si misura la capacità di un allenatore di incidere sulla psicologia del gruppo. Spesso si sente dire che le sconfitte aiutano a crescere, a incamerare esperienza anche se da una circostanza negativa. Ed è vero. Ma la scoppola di Roma non rientra in questa casistica. Quella è stata una partita maledetta in cui si sono sommate stanchezza fisica e decisioni arbitrali invereconde, sentenze su misura e deviazioni sfortunate, distrazioni di massa e scelte tecniche opinabili. Insomma un calderone di tutto ciò che ogni tifoso, giocatore, allenatore spera di non dover mai affrontare singolarmente, figuriamoci tutte insieme.
La Fiorentina contro la Roma non ha fatto una brutta figura, ha proprio preso una bambola che va oltre la sconfitta. E’ stata una prestazione paragonabile a quando un portiere, anche il più bravo, incappa nella papera: il pallone che scivola dalle mani, il rimbalzo galeotto, il rinvio ciccato. I grandi portieri hanno una caratteristica imprescindibile per essere tali: l’amnesia immediata. Quando capita la papera, perché nessuno ne è immune, riescono a non somatizzare, a dimenticarla un attimo dopo. Il portiere che rimugina sull’errore commesso è destinato a sbagliare di nuovo. Mai mettere a rischio la fiducia in se stessi quando si è sotto pressione. Ecco perché occorre che Sousa provochi un’amnesia collettiva nella squadra. La trasferta all’Olimpico va cancellata dalla testa dei giocatori. Sarebbe un ricordo troppo pesante e doloroso da sopportare per chi invece deve riprendere a correre con la speranza di centrare un obiettivo importante. Dopo la bella prova col Napoli, ecco il Verona. E nel mezzo? Nel mezzo niente. Voi avete visto qualcosa?