La Nba non finisce mai di sorprenderci: dopo uno stallo durato mesi, sembrava ci si dovesse avviare anche verso una deadline senza grandi colpi di scena, in cui i rumors difficilmente si sarebbero tradotti in realtà. Ma negli ultimi tre giorni prima della scadenza di giovedì scorso le cose sono cambiate e il mercato si è acceso: secondo alcune stime, addirittura il 9% dei giocatori Nba ha cambiato casacca in 72 ore. Non possiamo né vogliamo fornirvi un resoconto esauriente di quanto successo, ma ci limiteremo ad analizzare le mosse più rilevanti.
Data questa premessa, non si può non partire dall’approdo di Andre Iguodala ai Miami Heat. Dopo sette mesi di vacanza premio in Tennessee (ma ha passato probabilmente più tempo tra i campi da golf della California), la narrazione che lo vedeva uomo squadra e chioccia per i giovani è impietosamente svanita, fornendoci una versione non professionale che nessuno credeva gli appartenesse, visto il passato. Ma Pat Riley ha comunque deciso di andare all-in, regalandosi l’uomo da contrapporre a Giannis in un’eventuale serie di playoff e oltretutto un giocatore perfetto per la Heat Culture di Spoelstra. Gli unici dubbi riguardano la sua condizione fisica, ma nessuno gli chiede di spremersi da qui a fine regular season. Miami, unica tra le contender a est a muoversi aggressivamente, ha provato anche a prendere Gallinari, ma non si è raggiunto l’accordo sulla durata del contratto. Dalla trade-Iguodala escono comunque vincitori anche i Grizzlies, che in cambio ricevono un altro pezzo da aggiungere al lore nucleo di giovani in Justise Winslow, giocatore interessante e multidimensionale che però era finito fuori dalle rotazione di Spoelstra: unico campanello d’allarme, le 136 partite saltate in quattro di carriera.
Il primo squillo di questa deadline è stata però la trade a quattro squadre che ha coinvolto il maggior numero di giocatori in uno scambio dal 2000. In tutto questo marasma, sono stati in particolare due i cambi di casacca che meritano attenzione: l’arrivo di Robert Covington a Houston e quello di Clint Capela ad Atlanta. L’azzardo più grosso è quello dei Rockets, che rinunciando allo svizzero per prendere quel 3&D che mancava dai tempi di Ariza, operano un vero e proprio cambio di filosofia, scommettendo apertamente sullo small ball tanto caro a Mike D’Antoni. E’ una mossa rischiosa, che potrebbe anche pagare dividendi, ma il punto cruciale è come affrontare difensivamente, con un quintetto il cui centro titolare, PJ Tucker, non arriva ai 2 metri, una serie di playoff contro i vari Anthony Davis, Rudy Gobert e Nikola Jokic. Ai posteri l’ardua sentenza.
Atlanta prende invece quel rim protector di cui necessitava, visto che gli Hawks sono la terz’ultima difesa della Lega, quart’ultima squadra per rimbalzi catturari, terz’ultima per quelli difensivi. Pagato molto meno di quanto avrebbero pagato un Drummond, Capela si accoppia pure molto meglio con il progetto di Atlanta. In primis, per l’età: a 25 anni è perfetto per unirsi al nucleo giovane dei vari Young, Collins, Hunter e Huerter. Poi perché non vediamo l’ora di vedere il pick ‘n’ roll giocato tra lui e Trae Young: lo svizzero è un ottimo bloccante e rim runner di livello che permetterà di valorizzare le visioni avveniristiche della stella degli Hawks.
A proposito di Drummond: i Detroit Pistons alla fine si son dovuti accontentare del pacchetto dei Cavaliers comprendente Brandon Knight, John Henson e una seconda scelta 2023. Poca, pochissima roba. Sostanzialmente la dirigenza della Motown ha avuto timore che Drummond esercitasse la player option da 28 milioni di dollari per il prossimo anno, e ha preferito privarsene senza aspettarsi in cambio niente di rilevante ma regalandosi 35 milioni da spendere la prossima estate per avviare la ricostruzione.
Torniamo a ovest, dove i Timberwolves sono finalmente riusciti ad accontentare la propria superstar Karl-Anthony Towns affiancandogli l’amico D’Angelo Russell dopo un inseguimento durato quasi un anno. A fare il percorso inverso verso Golden State è invece Andrew Wiggins, che meglio si accoppierà a Curry e Thompson rispetto a D-Lo: l’ex Kansas, nonostante difficilmente sarà mai un tiratore affidabile, ha però tutte le carte in regola per svilupparsi in un difensore interessante in un contesto vincente con cui mai ha avuto a che fare nel corso della carriera. In casa Minnie, gli unici dubbi riguardano proprio la metà campo difensiva, perché quando ci sarà da attaccare siamo certi che la coppia Russell-Towns farà sfracelli: troppo tecnici e completi per pensare altrimenti, con l’ex Warriors che è quel playmaker che KAT non ha mai avuto. E l’amicizia che li lega potrebbe essere il fattore decisivo per compiere uno step ulteriore anche quando si tratta di impedire agli avversari di segnare. Per Towns, soprattutto, sarebbe la vera svolta della carriera, la consacrazione come superstar assoluta, status che come abbiamo visto anche dalla mancata convocazione all’All Star Game non gli viene ancora (giustamente) riconosciuto.
Last but not at least, il passaggio di Marcus Morris da New York a Los Angeles sponda Clippers, che regala alla squadra di Doc Rivers quel tassello che nelle idee di Lawrence Frank e Jerry West dovrebbe scavare il solco con i rivali cittadini. Morris sta giocando la sua miglior stagione in carriera, con quasi 20 punti di media e il 44% dal perimetro su quasi 7 tentativi per allacciata di scarpe. La sua capacità di punire sugli scarichi, il talento per creare dal palleggio e duttilità difensiva (è storicamente un difensore sottovalutato, chiedete a Brad Stevens per delucidazioni) lo rendono un upgrade significativo nel reparto esterni dei Clippers, e un terzo violino di livello da affiancare a Leonard e George. Considerando che dal pino continueranno ad alzarsi Lou Williams e Montrezl Harrell, la sponda rosso-blu di Los Angeles può ora considerarsi la favorita nella corsa al titolo. L’unico dubbio è un reparto lunghi un po’ scarno, con il solo Zubac a fare legna: chissà che non possa arrivare qualcosa dal mercato dei buyout, dal quale comunque attingeranno molto probabilmente anche le altre contender come i Lakers e i Sixers.