Arrivati al giro di boa della regular season, alle porte dell’All Star Game di Chicago ma soprattutto della trade deadline, possiamo divertirci ad assegnare degli ipotetici premi di metà stagione e stabilire chi è stato il migliore categoria per categoria: alcuni di questi nomi, verosimilmente, saranno insigniti del premio anche alla fine del campionato, mentre per altri è lecito aspettarsi sorprese e colpi di coda. Ma andiamo con ordine.
MVP – GIANNIS ANTETOKOUNMPO. Non ce ne vogliano Doncic, Lebron e Harden, ma il greco di Milwaukee sta giocando una stagione straordinaria ed è il favorito per bissare il riconoscimento della stagione 2018/19. I Bucks sono la miglior squadra della Lega record alla mano, hanno scavato il solco su tutte le avversarie ad est, e Giannis sta mettendo a referto i suoi career high in punti e rimbalzi di media. Sta dominando come non si vedeva da tempo, è migliorato come passato e ha messo in faretra anche un discreto tiro da 3. Cosa chiedere di più?
DPOY – ANTHONY DAVIS. Occhio alla risalita di Rudy Gobert che sta scalando la classifica con i suoi Utah Jazz e punta a vincere il premio per la terza stagione consecutiva, ma al momento il miglior difensore della stagione Nba è il monociglio dei Lakers, secondo per stoppate di media nell’intera Association. In una squadra che difensivamente fa paura soprattutto in ottica playoff, l’impatto di Davis nella propria metà di campo è stato devastante. Non solo protezione del ferro, ma anche capacità di cambiare praticamente su chiunque. E con lui è cambiata tutta la mentalità difensiva dei gialloviola, cosa evidente vedendo anche il linguaggio del corpo di Lebron e paragonandolo a quello dello scorso anno.
MIP – DEVONTE’ GRAHAM. Dopo la partenza di Kemba Walker, gli Hornets avevano puntato tutto su Terry Rozier: certo, strapagandolo, ma comunque si pensava che l’ex Celtics, in una squadra in cui avrebbe avuto carta bianca, sarebbe stato uno dei candidati al premio di giocatore più migliorato della stagione. Nessuno avrebbe pensato che, invece, il favorito per vincere il premio gioca sì a Charlotte, di mestiere fa il play come Rozier, ma si chiama Devonte Graham. Scelto al secondo giro del draft 2018, dopo una stagione da rookie anonima, quest’anno ha rubato le luci della ribalta al suo compagno di squadra. Grande leadership, ottima visione di gioco e tiratore letale dal perimetro, il prodotto di Kansas sta viaggiando a quasi 20 punti e 8 assist di media. Al momento il premio sarebbe suo, ma occhio anche ai nomi di Bam Adebayo, secondo miglior giocatore della seconda migliore squadra ad est, e Brandon Ingram, che sta semplicemente giocando da All Star seppur in una squadra perdente.
ROY – JA MORANT. Questo è un no contest. In contumacia Zion Williamson, il cui rientro dall’infortunio è previsto proprio in questi giorni, il rookie di Memphis non ha rivali nella corsa al premio di miglior matricola dell’anno. Due precisazioni. Primo, probabilmente sarebbe il migliore anche con un Williamson a pieno servizio. Secondo, è quasi riduttivo parlarne “solo” come del miglior rookie. Morant infatti è un giocatore straordinario e il principale motivo per cui i Grizzlies sono considerati da molti come la squadra con il futuro più roseo dell’intera Association, considerata anche la presenza di Jaren Jackson Jr. e Brandon Clarke. Fisico smilzo ma esplosivo, Morant è una sorta di incrocio tra il primo Derrick Rose e Allen Iverson, e nessuno si scandalizzerebbe se venisse convocato per l’All Star Game già alla sua prima stagione da professionista. Ah, Memphis è pure orrava ad ovest nel momento in cui scriviamo, e ad inizio stagione non si pensava ci potessero essere obiettivi diversi dalla lottery.
SIXTH MAN – MONTREZL HARRELL. Altri nomi spendibili per questo premio sarebbero quelli di Derrick Rose, unica nota lieta di una stagione disastrosa per i Pistons, e del solito Lou Williams, mentre Spencer Dinwiddie ha probabilmente giocato troppe partite da titolare in assenza di Kyrie Irving per essere considerato per il premio. Noi comunque scegliamo di rimanere a Los Angeles sponda Clippers ma cambiando nome: Montrezl Harrell sta viaggiando a 19 punti e 7.5 rimbalzi di media uscendo dal pino. Con lui in campo, la squadra di Doc Rivers segna 5.8 punti su 100 possessi in più rispetto a quando sta seduto, ed è il miglior differenziale dell’intera squadra. E pure difensivamente la sua presenza è importante, in attesa di scoprire se potrà essere anche la risposta ai vari Anthony Davis e Nikola Jokic anche ai playoff.
COY – ERIK SPOELSTRA. Se ad inizio anno vi avessero detto che una squadra con in quintetto Kendrick Nunn, Duncan Robinson e Meyers Leonard a gennaio sarebbe stata seconda ad est, ci avreste creduto? Il miracolo di coach Spoelstra sta nell’aver creato un gruppo con un’identità ben definita, con un attacco in cui tutti sono coinvolti e responsabilizzati e non solo la stella Jimmy Butler e una difesa di squadra ferrea. Il tutto con una squadra costruita dal nulla, con due undrafted come Nunn e Robinson in quintetto e nessun giocatore scelto nelle prime 10 scelte del draft. Per anni erroneamente considerato solo un gestore di spogliatoio di quei Miami Heat che vinsero due titoli in back-to-back con i big three Lebron, Wade e Bosh, Spoelstra nel corso degli anni si è rivelato un grandissimo allenatore e un fine tattico, capace anche di adattarsi al materiale umano a sua disposizione. E quest’anno dovrebbe arrivare anche il giusto riconoscimento a quella che è, effettivamente, una grande impresa.