Vittoria scaccia crisi, della squadra e personale. Perché Vincenzo Montella aveva detto di non sentire l’ansia ma aveva mentito sapendo di mentire. Troppo importante la partita con la Sampdoria per considerarla al pari delle altre. L’Aeroplanino divenuto Mister lo sa bene come va il mondo del calcio. Non poteva più permettersi passi falsi, mezzi o completi. Doveva vincere. E vince.
Quanto alla formazione, la scelta dell’undici iniziale da parte del tecnico gigliato sorprende da un certo punto di vista. Perché se è vero che la squadra che convince, pur non vincendo, non si cambia (per la terza partita consecutiva) è altrettanto vero che non tutti gli avversari sono uguali. E la Sampdoria all’“Artemio Franchi” non è la Juventus né l’Atalanta. Ecco perché ci saremmo aspettati l’immissione dal primo minuto di un centravanti come Vlahovic conservando allo stesso tempo il terzetto difensivo composto da Caceres, Pezzella e Milenkovic e sacrificando quindi un centrocampista come Badelj per un 3-4-3 meno denso nella zona centrale ma, teoricamente, più pericoloso nella fase offensiva.
Lo assiste, Montella, la gran classe di Monsieur Ribery, il quale disegna assist da cineteca del calcio servendo sulla testa di Pezzella il gol del vantaggio. Stavolta gira bene, al tecnico viola, perché l’inizio della ripresa è in sofferenza, con la parte superiore della traversa colpita da Caprari, e la squadra viola si chiude troppo, quasi come nei terribili minuti finali di Parma con l’Atalanta. Nel momento più difficile, però, arriva l’espulsione di Murillo e, a seguire, il raddoppio di Chiesa. Stavolta, nonostante la rete di Bonazzoli, la rimonta alla squadra avversaria non riesce e Montella tira un sospiro di sollievo. Sbuffa quando Chiesa si dirige verso il dischetto pur non essendo il rigorista incaricato ma poi si rincuora al triplice fischio finale. Adesso può preparare con più serenità la trasferta di Milano.