Che Paulo Sousa e la Società viola siano dei separati in casa lo abbiamo capito da tempo: il dissidio risale al Gennaio 2016, complice un infelice mercato di riparazione che portò (e vi ricordo che lo portò Pradè e non Corvino) Benalouane in maglia viola.
Si è capito anche che, per mille ragioni (non tutte condivisibili) la Società scelse di continuare con Paulo Sousa anche per l’anno successivo, assumendosi tutti i rischi che ciò comportava, compresa un’annata di stilettate e ripicche che il Mister portoghese avrebbe sottolineato in ogni occasione.
Tuttavia mi pare che ormai la misura sia colma: a questo punto non è nemmeno lecito arrabbiarsi con Paulo Sousa che ad ogni piè sospinto lancia messaggi aggressivi e diffamatori (l’ultima è che la squadra non è sua) verso la proprietà, il Direttore Generale, la stampa, i giornalisti, qualche giocatore non affidabile e, probabilmente, arriverà a colpire anche massaggiatori e magazzinieri, oltre agli steward.
Solo lui ha ragione, solo lui è trasparente, solo lui ha sempre fatto il suo dovere. Siccome lo ripete da tempo, nel silenzio e nel disinteresse della Società viola, credo sia giusto a questo punto rivolgere il nostro disappunto proprio a loro, a Diego e Andrea Della Valle, che tanto hanno voluto Paulo Sousa e che gli consentono di proseguire in questo gioco allo sfascio, in questo je accuse continuo, che ormai è diventato davvero irritante.
Dobbiamo dedurne la assoluta pochezza della Società, che dimostra di non avere alcun polso della situazione e che, di fatto, sancisce che in Fiorentina si può infamare la Società, i suoi dirigenti, la sua squadra senza che partano sanzioni disciplinari, richiami, ammonimenti fino al licenziamento in tronco, come sarebbe normale in qualunque altra azienda?
Purtroppo sì: la proprietà non ha, come si dice a Firenze “le palle” per farsi sentire nemmeno da un suo dipendente. Dove volete che possa andare in un mondo del calcio ormai gestito da finanza e procuratori, in cui ha ragione chi urla di più, in cui contano solo i risultati (altro che gli uomini), in cui i principi ed i valori di attaccamento alla maglia, di identità, di passione comune sono un retaggio di noi ormai vecchi amanti del calcio?
E’ triste vederlo ufficializzato proprio a Firenze, città abituata a litigare per ogni piccola virgola fuori posto: ma i Della Valle non sono di Firenze, e forse proprio questo è il loro limite.