Festività di San Giovanni 2018
ECCO I FOCHI” …
Ho trovato un bellissimo post che pubblico con piacere…
di Gabriella Bazzani
a Firenze, la sua storia e la sua gente
STORIA DELLA FESTA DI SAN GIOVANNI
Al tempo della Repubblica, il Podestà aveva l’obbligo di pubblicizzare la festa in tutti i borghi un mese prima che questa avvenisse, e veniva notificata ai nobili e ai signori del contado, poiché questi erano tenuti ad offrire ceri, paliotti e ogni altra cosa.
Nelle famiglie si aspettava il giorno del patrono per celebrare le nozze, perché era ritenuto di buon auspicio.
Otto giorni prima della festa venivano eletti sei Buonomini, che la mattina di San Giovanni dovevano stare nel Battistero a ricevere le offerte.
La mattina di San Giovanni la Signoria riceveva gli omaggi sull’arengario di Palazzo Vecchio, dietro la ringhiera, ma se per caso pioveva, il Gonfaloniere ed i Priori si trasferivano per la cerimonia in San Pier Scheraggio.
Il popolo di Firenze si accalcava in Piazza Signoria, dove aveva luogo la cerimonia della fiorita. Attorno alla ringhiera venivano disposti cento palii di broccato d’oro o di velluto, offerti dalle città e dalle terre assoggettate alla Repubblica fiorentina. I palii, sorretti da giovani cavalieri vestiti a festa venivano portati in San Giovanni, dove venivano esposti per un anno, provvedendo a togliere di volta in volta quelli dell’anno precedente, che diventavano di proprietà dell’Arte di Calimala, che utilizzava i più belli per addobbare la piazza in occasione delle feste. Gli altri erano destinati ad essere venduti, o a diventare paramenti sacri o paliotti da altare.
In Piazza Signoria, vicino a dove adesso c’è la fontana del Biancone, venivano costruite con legname, carta e cera, cento modellini di torri, dipinte e sulle quali venivano posti i ceri offerti; ogni torre era montata su una carretta e al suo interno vi erano uomini che “facevan volgere di continuo e girare intorno figure di legno, come uomini a cavallo, armeggiando: e quali sono pedoni con lance, e quali con palvesi correndo, e quali son donzelle che danzano a rigoletto”. Sulle torri erano “scolpiti animali, uccelli e diverse specie di alberi, pomi e tutte cose che hanno a dilettare il vedere, e il cuore”. I carri che portavano i ceri cominciarono ad essere in uso nel 1200 e fino alla metà del 1300 era uso che entrassero nella chiesa di San Giovanni, usanza poi bandita.
Al posto dell’ingresso in San Giovanni, si organizzarono parate di carri, dipinti da celebri artisti, che andavano in giro per la città. Una volta davanti alla chiesa di Santa Maria in Campo un carro si rovesciò; sul carro vi era un uomo nudo, con soltanto una pelle d’agnello alla vita, che rappresentava San Giovanni, che venne salvato per miracolo riuscendo a tirarlo su da una finestra; da quel momento ogni anno il carro della Zecca si fermava davanti a quella casa, dove al finto San Giovanni veniva offerta la colazione.
A seguito di questo carro venivano portati dodici tra i più miserabili prigionieri, che i Buonomini decidevano di liberare dal carcere in quel giorno, e procedevano a capo chino e con un ramoscello d’olivo in mano.
Col tempo si perse l’usanza di far salire sul carro una persona a rappresentare San Giovanni, e venne sostituita da una statua di legno; il carro procedeva a scossoni, ondeggiando, e da qui gli venne l’appellativo di Brindellone, che ancora oggi resiste.
Attorno a San Giovanni venivano messe delle grandi tende, attaccate ad anelli posti sulle pareti esterne della chiesa e a quelli sulle case che circondavano la piazza. Queste tende più volte vennero distrutte o da agenti atmosferici o per incendi, dato che venivano appese a queste tende cento lumiere, per dar l’impressione che fosse giorno anche a notte fonda.
Sotto il principato Mediceo le feste di San Giovanni persero il carattere grandioso che fino allora avevano avuto; veniva eretto un baldacchino sotto la Loggia dei Lanzi, dove il Granduca riceveva gli omaggi, che poi portava in San Giovanni. Terminata l’offerta, aveva luogo la cerimonia della benedizione dei cavalli che dovevano correre il palio de’ barberi.
La sera della vigilia, dopo i vespri, aveva luogo la “solenne cavalcata de’ Serenissimi Principi e de’ Cavalieri” e in Piazza Santa Maria Novella la sera veniva corso il palio de’ cocchi, istituito da Cosimo I nel 1563.
Dopo avere assistito al palio de’ cocchi, il Granduca andava in San Giovanni insieme ai Magistrati di tutte le arti e si faceva l’offerta della cera.
La notte, c’erano grandi luminarie per la città, soprattutto al Duomo e al Campanile di Giotto e sulla torre di Arnolfo venivano bruciati razzi, girandole e fuochi. Il giorno seguente nel salone de’ Cinquecento veniva allestita una grande festa da ballo per tutti i giovani e le giovani dei villaggi vicini.
Nel diciannovesimo secolo le feste andarono via via assumendo un tono sempre più dimesso.
Otto giorni prima il Brindellone, trainato da due cavalli montati da un postiglione in costume, preceduto da un trombetto municipale e da un “donzello” a cavallo vestito di nero, con la lucerna, che bandiva ai fiorentini la festa.
Il 10 aprile 1782 il Magistrato deliberò che il Brindellone fosse un omaggio reso al sovrano e venne preso in affitto un locale per riporvi il Brindellone, che nel frattempo venne riccamente decorato. Da quel giorno il Brindellone riposa nel suo stanzone di anno in anno.
All’epoca il carro usciva sette volte in giro per la città, ovvero per bandire le feste dei quattro quartieri e per portare il palio nelle tre corse dei barberi.
I giri che il Brindellone faceva per la città davano sempre adito a qualche piccolo scherzo, a causa del suo incedere goffo e dondolante: soprattutto quando si dovevano attraversare i ponti, coloro che erano sul carro buttavano giù delle funi che venivano tenute in tirare da dei ragazzotti, per evitare un eccessivo dondolio: ogni volta, i ragazzotti continuavano a tirare le funi anche quando non era più necessario, facendo un baccano senza fine. Gli uomini sul carro conoscevano i loro polli e trattenevano sempre un paio di metri di fune, pronti a lasciarla andare quando i ragazzi non volevano smettere di tirare, col risultato di mandarli tutti a gambe all’aria, tra le risate generali.
La vigilia di San Giovanni veniva fatta la processione “de’ sette baldacchini”, che partiva dal Duomo e faceva il giro dei quartieri, arrivando fino a Santo Spirito. Sotto il primo baldacchino l’arciprete del Duomo portava la testa d’argento di San Zanobi, sotto il secondo la Santa Croce, e sotto ogni altro una reliquia. Le strade erano affollatissime di gente che cercava di farsi largo a gomitate per vedere meglio, ma quella folla non era nulla rispetto alle fiumane di gente che nel resto della giornata si riversavano in Firenze per assistere al Palio de’ Cocchi e poi ai fochi. Infatti, dopo la corsa, Piazza Santa Maria Novella si svuotava e tutta la gente correva sui Lungarni per assistere allo spettacolo dei fochi, che venivano fatti sul ponte alla Carraia.
Quel tratto di fiume da Santa Trinita alla Pescaia era una visione fantastica, uno spettacolo fantasmagorico.
I riflessi dei fochi sull’acqua creavano dei giochi di luce inimmaginabili.
Gli spettatori più fortunati (o ricchi) potevano assistere allo spettacolo direttamente dal fiume, su dei barconi apparecchiati dove veniva copiosamente offerto da mangiare e da bere.
Il Granduca e la Corte andavano a vedere i fochi al Casino de’ Nobili a Santa Trinita, in un palco eretto appositamente per l’occasione.
E finalmente s’incendiavano i fochi, che destavan sempre la meraviglia dei fiorentini e facevan restare a bocca aperta la gente del contado.
E c’è da scommettere che nessuno diceva “l’eran meglio quelli dell’anno scorso”!!