Di Paolo Caselli
Servizio Fotografico di Silvia Calamandrei
Quando i fiorentini parlavano fiorentino, si sentiva cantare “Partivo una mattina col vapore…”. Già ma il ragazzo fiorentino che è partito per la Maratona di New York, non é ne’ figlio di emigrante ne’ è andato in piroscafo ma con un volo partito proprio dalla pista dell’aeroporto “Amerigo Vespucci”.
Oddio, a noi pare sempre la pista d’atterraggio “Luigi Gori”, ma tant’è.
L’assegnazione del numero di pettorale
Già sull’aereo che dallo scalo tedesco lo ha portato negli States, eh sì, da Firenze si raggiunge tutta Europa o quasi, ma l’America no, farla di corsa improbo e sconsigliabile, di tempo di correre Maurizio Gensini, eccolo qua il nostro fiorentino a New York, tempo di correre ne avrà, eccome.
Sensazioni, pensieri che sull’aereo che lo portava verso quei 42 km e 195, questo il chilometraggio della Maratona newyorkese, ne avrà avuti, ma l’emozione, quella sì, tanta, ma tanta.
Maurizio Gensini, in tenuta da raccolta differenziata!
Quella di New York è una delle sei Maratone Classiche, le altre sono Boston, Chicago, Londra, Berlino e Tokio.
Preso contatto con “la città che non dorme mai”, il prode podista Maurizio ha iniziato l’iter burocratico per ritirare il pettorale, intendiamoci non un reggiseno, ma il numero da portare sul petto, per tutto il percorso, da non perdere mai.
E poi la mattina presto la sveglia, il rifornimento di calorie, crostata e formaggio portata dall’Italia, banana locale, forse lasciata da King Kong, forse importata, mah.
E poi l’imbarco, e dai, non è il piroscafo della canzone, ma il battello che porta gli atleti alla partenza di Staten Island, sì proprio quella dove venivano tenuti in quarantena gli immigrati al loro arrivo.
E lì un viale, un boulevard di bagni chimici, riservati ai corridori, sai 55000 partecipanti e tutti con i loro bisogni.
Identificati per gruppi di colore (la partenza avviene così), con fuoriclasse e peones mischiati alla partenza. Poi, dopo, la scrematura è da alpeggio, i migliori volano anche nel riscaldamento, figurati per via.
I terribili ” Hooligans”, il male assoluto dello sport
Qui il pie’ veloce Maurizio mi parla di spogliarello, maligni, non quelli che pensate voi, altrimenti il nostro poteva passare il ponte a San Donnino ed voilà.
No, no, si tratta di togliere cammin facendo, ops correre cammin facendo, gli indumenti che hanno tenuto caldi i muscoli dei podisti fino al momento del via.
E via, via tra grattacieli, vicoli, ponti avveniristici anche se costruiti tanti anni fa e Maurizio corre, pensa alle colline che vede a Firenze, al Ponte Vecchio, a un mondo antico, e questo sarebbe il nuovo, sì perché il nuovissimo è l’Australia o Marte.
L’ arrivo, meta agognata e raggiunta, WELL DONE MAURIZIO!!!!
Mi racconta che gli ultimi chilometri sono i più faticosi, ma il giglio viola che porta sulla maglia e i tifosi che lo accompagnano, doveroso saluto alla Signora Carla, capo ultrà che è venuta a sostenerlo, lo fanno giungere all’arrivo, salutato anche dalle congratulazioni degli abitanti della metropoli statunitense, popolo entusiasta quello americano, a volte pure troppo…..
La medaglia di partecipazione ed il nome nella lista d’ONORE.
E qui, il vostro cronista si inchina al cimento, all’emozione che traspare dagli occhi stanchi, ma orgogliosi, dell’atleta che ha varcato la linea del traguardo e anche se non grida “Vittoria” come colui che proprio da Maratona portò la notizia ad Atene, il sorriso che accompagna la medaglia celebrativa fa pensare che sì, è uno dei giorni più belli della mia vita, e quando tornerò a Firenze, racconterò al mio amico Paolo di quando portai a termine la Maratona di New York e addentai la grande mela.
Bravo Maurizio, hai mangiato la “Grande Mela”
Alla prossima……….